Il presepe di Giulio Cesare

 

 

Non ricordo come arrivai a contattare già nel 1980 l’Archeoclub nella sede di via Arco de’ Banchi; forse partecipando a qualche visita guidata a Roma, interesse che in quel periodo dividevo con  l’altro nascente per lo studio delle confraternite. Francesco Berni, segretario dell’associazione era persona che si muoveva bene nel giro ed aveva conoscenze un po’ dappertutto e mi prese subito a ben volere. Alla domanda che gli posi un giorno, quasi a bruciapelo “ ma chi può darmi qualche informazione sulle confraternite ? ” non ebbe esitazioni; “Giulio Cesare Nerilli, o lui o qualcuno dei suoi amici, non so esattamente dove abita, ma se vai al negozio della sorella a Corso Vittorio ti dice tutto”.

Certo che la sorella mi disse tutto, mi disse pure “ah mio fratello, se pensasse più ai suoi affari, piuttosto che a tutte queste cose inutili ….”, riferendosi alla sua passione per le cose romane.

Una telefonata, un appuntamento a casa sua a Piazza della Cancelleria 62, eccolo là Giulio Cesare, colonnello dell’Aeronautica grande invalido di guerra, in pensione, piccolino, viso simpatico, un po’ malconcio in salute, che mi fa vedere la sua grande casa, i suoi libri, la sua collezione di disegni inediti di Trilussa, mi presenta la vecchia governante Caterina che vive con lui da quando era ragazzo, e mi porta nell’angolo del salone dove imponente è esposto il suo presepe. Anche per me che non ero un esperto né grande appassionato dell’argomento, devo dire che fece un certo effetto. Una grande teca in legno circa due metri per due metri  altezza uomo, con dei vetri su tre  lati, e dentro un paesaggio roccioso pieno di statuine di una fattura eccezionale, buona parte risalenti al ‘700 napoletano. E lui che mi racconta come se le era procurate piano piano, una dopo l’altra da collezionisti e antiquari napoletani a “suon di bigliettoni”.

Ebbi varie occasioni di ritornare  a casa di Giulio Cesare e rivedere il suo presepe, ma il nostro rapporto direi che maturò per la strada, o per meglio dire a Campo de’ fiori. Come facevo allora  e come continuo a fare ancora oggi, amo passare il mio tempo libero fra Via Giulia e Piazza Navona; in quel periodo poi abitavo proprio al di là di Ponte Sisto a Trastevere, e perciò lo incontravo molto spesso o al mercato dove andava a fare la spesa, o sotto casa alla Cancelleria; due passi, un caffè insieme e tante tante storie che mi raccontava. Una cosa che mi disse subito e teneva a precisare, e che mi è rimasta sempre impressa in mente, era che lui, romano di Roma, testimone il nome, era nato però per sbaglio a Firenze perché il padre, non  ricordo per quale ragione era stato dislocato per un breve periodo in quella città, ed in quella città lui era venuto al mondo, per poi trasferirsi subito dopo a Roma dove aveva sempre vissuto. Non so fino a che punto tutta la storia fosse vera, ma sta di fatto che non c’era bisogno di giustificazioni per capire che Giulio Cesare, anche se nato a Firenze, fosse veramente romano, uno di quelli appassionati cultori della storia e delle tradizioni della nostra città.

 

Un pensiero angosciava continuamente Giulio Cesare.

La casa dove viveva era in affitto, ed aveva ricevuto già da parecchio tempo dalla proprietà Primani un’ ingiunzione a lasciare la casa libera.

Giulio Cesare possedeva un appartamento a Via Amerigo Vespucci, all’angolo con Piazza dell’ Emporio a Testaccio, affittato ad una cara coppia di anziani di sua conoscenza.

Sensibile come era di carattere,  si dispiaceva perfino per il fatto di creare dei problemi ai  suoi affittuari che in pratica costrinse ad abbandonare il suo appartamento.

I problemi si sommavano; per una persona che aveva sempre vissuto alla Cancelleria, già  Testaccio poteva sembrare periferia; ma questo era il male minore.

Il vero problema era che il suo appartamento a Testaccio era di sole due stanze, e non c’era posto sufficiente per Caterina, per i libri, tanto meno per il presepe.

Ragione per lui una più importante dell’altra.

Non volendosi liberare di Caterina, con la quale viveva da più di cinquanta anni in perfetta  simbiosi, si sarebbe dovuto privare soprattutto del presepe.

So che si mosse in varie direzioni per sistemare degnamente il suo caro ed adorato presepe. Ne fece una vera malattia a causa delle difficoltà incontrate; ne parlava mal volentieri con gli amici per quel senso di riservatezza innato che aveva, ma dovette affrontare la dura realtà quando venne il momento nel 1986 del trasloco.

Dopo il cambio di casa ebbi meno occasioni di incontrarlo. Ci sentivamo di tanto in tanto per telefono.

Io evitavo di chiedere come avesse risolto il problema del presepe, avendolo sentito già abbastanza afflitto. Il fatto di aver dovuto lasciare la grande casa alla Cancelleria, ed essersi trasferito a Testaccio con Caterina, lo aveva rattristito enormemente, anche se non lo dava troppo ad intendere dicendo che comunque Piazza dell’Emporio era pur sempre Roma.

Fino a quel Dicembre del 1988, quando tramite tam tam fra gli amici, si seppe del suo ricovero all’ospedale S. Camillo, poi della sua morte il 26, giorno di S. Stefano, e dei suoi funerali alla Chiesa di Santa Maria Liberatrice, con picchetto d’onore dell’Aeronautica, e con il celebrante che come recitando un rosario elencava la sua fervida instancabile quotidiana operosità in seno a tante istituzioni di assistenza ai poveri, associazioni culturali e romanistiche, attività in buona parte sconosciute anche ai suoi amici più vicini.

Triste occasione di  rincontrare quanti con lui avevano condiviso la sua amicizia, la sua simpatia  e la sua grande generosità.

Nessuno degli amici di Giulio Cesare che io avevo conosciuto a quei tempi, seppe mai veramente la sorte che Giulio Cesare aveva destinato al presepe.

Si diceva di tentativi fatti al Divino Amore, di contatti con altre chiese, presso il Vaticano, cessioni, vendite; qualche ricerca fatta nel nostro giro degli amici … nessun riscontro certo.

 

Della grande passione di un caro amico che ne aveva fatto occasione di incontri,  di grandi soddisfazioni e direi di vero orgoglio, nulla … nulla … più.

Di fatto l’oblio.

 

Ed eccoci ai giorni d’oggi, Maggio 2004.

 

Virtualmente tutti legati in rete da un capo all’altro del mondo da quel prodigio tecnologico che è internet, via posta elettronica del sito del Gruppo dei Romanisti, di cui Giulio Cesare era stato per anni incomparabile segretario, ricevo richieste di informazioni e di contatti proprio su Giulio Cesare da un certo  Joseph Phelps di Chicago nel lontano, ma non per internet, Illinois.

E chi diavolo è,  e cosa vuole costui ?

Come faccio spesso lascio decantare queste richieste di informazioni un bel po’ di giorni. Alcune volte perché non ho tempo, altre perché non ho voglia, altre ancora perché non ho elementi per rispondere subito.

Così è andata anche per questa email, fino a quando, dopo circa due settimane mi ritorna in mano e leggendo bene, pur se in inglese, mi rendo conto che chiede notizie di Nerilli e del suo presepe.

Del presepe ??

Mi affretto a dare un primo riscontro alla missiva elettronica, comunicando intanto che il povero Giulio Cesare oramai lo si poteva contattare solamente nell’aldilà, e chiedendo a mia volta cosa un avvocato di Chicago specializzato in diritto familiare (tale erano le informazioni che avevo ricavato dal suo indirizzo internet), avesse a che fare con Giulio Cesare ed il suo presepe.

 Joseph mi risponde nel breve giro di una mattinata, e cosa vengo a scoprire?

 

Che lui conosce bene il presepe, e mi dà tutta una serie di informazioni perfino su pagine in internet dove sono pubblicate oltre 100 fotografie dello stesso presepe. Perché ? Perchè il presepe è nel museo della sua parrocchia, esattamente nella chiesa di Saint John Cantius a Chicago, venerato come una sacra reliquia, e tutti vogliono sapere come e da dove è partita tanta passione per metter su  un simile gioiello. Vogliono sapere di Giulio Cesare.

 

La cosa mi sconvolge. Riesce fuori il presepe !

Onore a Giulio Cesare! Ancora al computer e motivato più che mai, mi domando dove reperire informazioni per tracciare la storia dei passaggi di mano del presepe. Mi viene subito in mente l’Associazione Amici del presepe. Faccio una rapida ricerca, mi procuro il numero telefonico della sede di Roma. Chiamo, mi imbatto addirittura nel presidente nazionale dell’associazione.  Certo che conosceva Giulio Cesare e il suo presepe e pur se non al corrente  dell’attuale sua dislocazione, mi dà una serie di indicazioni dove reperire informazioni più precise.

Mi fa il nome di tale Floriano Costanzi con bottega a Via del Seminario al Pantheon che a sua detta  ha avuto per le mani il bel manufatto.

La prima mezza giornata libera che mi ritrovo indovinate un po’ dove faccio due passi ?

Entro nella bottega di lumi, paralumi e quanto altro del genere, e conosco Floriano appassionato cultore, restauratore e costruttore di presepi, il quale gentile ed affabile mi racconta della sua lunga amicizia con Giulio Cesare fino al punto che al momento del trasloco, lui Floriano e il suo amico Julius Strauss decidono per l’acquisto del presepe con piena soddisfazione di Giulio Cesare.

Bisogna sapere che Strauss è stato un’ autorità nel mondo dei presepi perché, fra le varie attività svolte nel campo artistico, aveva restaurato quello famosissimo della chiesa dei SS. Cosma e Damiano al Foro Romano come recita una targa commemorativa sul posto.

E fu proprio il duo Costanzi-Strauss, a  tenerlo fino a quando, morto Strauss nel 1996, Costanzi, in rapporto di amicizia con il  Rev. Frank Phillips della parrocchia di St. John Cantius nella diocesi di Chicago, trattò per la cessione ed il successivo trasferimento negli USA nel 1998.

Ed ora eccolo là il presepe di Giulio Cesare, in terra straniera è vero, ma in un museo, curato ed apprezzato, con tanto di targa celebrativa che recita “Questo presepio napoletano settecentesco acquistato dallo studioso di romanità Giulio Cesare Nerilli nel 1970, è stato più volte citato dal grande presepista austriaco Julius Strauss per la ricchezza della scenografia e per la bellezza dei suoi personaggi, che lo ebbe in proprietà dal 1986.”; targa fatta apporre da Floriano al momento del trasferimento negli USA.

E per farlo conoscere ancora di più i nostri amici d’oltreoceano lo hanno fotografato nei minimi dettagli ricavandone ben quattro CD di immagini che sono state perfino pubblicate in internet, dove si possono ammirare più di cento particolari di quelle statuine di così preziosa fattura.

Ecco perché gli americani volevano avere notizie del nostro caro amico; hanno apprezzato il lavoro paziente di Giulio Cesare ed l’ amore per il suo presepe, più di quanto lo abbiamo fatto noi.

Per quanto mi è stato possibile ricostruire fra quello io avevo fra i miei ricordi, ed altre informazioni complementari ricavate chiedendo a chi lo aveva frequentato, ne è emerso il quadro di un uomo di una gentilezza, sensibilità, operosità e generosità tale, da meritare l’ interesse anche di persone che lo hanno conosciuto solo indirettamente ma che ora potranno apprezzare ancora di più il suo “gioiello”.

Mi viene spontaneo pensare a questo punto che il nostro caro amico abbia avuto più da morto che da vivo soddisfazione dal grande amore per il suo adorato presepe.

Con un po’ di amarezza c’è da constatare invece che, come è accaduto purtroppo in molte altre circostanze, anche questo episodio è una riprova che troppe delle nostre “espressioni” più belle, sia che si tratti di opere d’arte, sia di ingegni, sia di idee, o come nel nostro caso di arte minore, vengano apprezzate più fuori che dentro i nostri confini.

 

 

 

                                                       Vincenzo Morelli