Un po' di storia per rinfrescare la memoria

Seconda parte

L'ETÀ BAROCCA (SECOLI XVII-XVIII)

Alla fine del Cinquecento quindi l'asse viario di via Giulia appare, in linea di massima, già tracciato, con ai margini San Giovanni dei Fiorentini e l'Ospedale dei Mendicanti. Nel secolo successivo, altri importanti interventi architettonici contribuiscono a definire ulteriormente le caratteristiche urbanistiche e monumentali della sua immagine: il completamento della chiesa dei Fiorentini, la costruzione delle Carceri Nuove, I'ampliamento e la ristrutturazione di palazzo Falconieri ed infine la realizzazione di due chiese, Sant'Anna dei Bresciani e Santa Maria del Suffragio.

Sostanzialmente però nessuno di questi ha la forza di cambiare del tutto il carattere funzionale della strada, che rimane comunque tagliata fuori dallo sviluppo urbanistico generale di Roma. Si intensifica invece notevolmente l'utilizzo della via come scenario per feste e spettacoli teatrali, cominciato già nel secolo precedente. Un bando del 1603 emesso dal Governatore di Roma stabilisce le norme per una giostra che si sarebbe dovuta tenere presso i signori Ceuli, mentre un altro avviso del 1617 descrive una giostra al saracino, sempre nella via, "corsa con buona licenza de' superiori vicino all'Oratorio della Compagnia della Morte. Nell'occasione [riferisce sempre l'avviso] il signor cardinal Farnese banchettò li cardinali Aldobrandini, Borghese, Caetani, Leni, Borgia, Savello, Peretti et Orsini, essendovi dopo pranzo andato anche li cardinali Montalto et Dati per vedere la festa dalle finestre d'alcune case tenute dal cardinal Farnese incontro alla casa della sposa [I'occasione del torneo era infatti il matrimonio tra Domenico Sforza Marescotti con Vittoria Ruspoli] alla quale si accedeva per un ponte fatto apposta, oltre che sopra l'arco suo che traversa strada Giulia, v'era come un gran padiglione di broccato et velluto dove, come in una stanza coperta, si stava a vedere la carriera dei cavalieri ".

Le notizie riguardavano non soltanto feste gentilizie, ma anche popolari: un documento del 1663 informa che una sera a via Giulia, "a spese de' particolari con licenza de' superiori, fu corso un palio di gobbi ignudi, molto risguardevoli per la varietà delle loro schiene gobeide che però come cosa nuova in questa città vi concorse molto popolo et nobiltà in carrozze, in modo che a pena in quella contrada oltre che tutte le fenestre delle case et palazzi erano piene di persone".

Una delle cerimonie più fastose che ebbero come scenario questa strada nel corso del XVII secolo fu quella in onore della nascita del Delfino di Francia, il futuro Luigi XIV, nel 1638. Le cronache dell'epoca parlano di "palii di barberi e cavalli da corrersi avanti il palazzo Ceuli la domenica 21 novembre", di un terzo palio "corso il lunedì seguente da barche che per lo Tevere similmente in gran numero seguendo la corrente dell'acqua"; il tutto davanti ad un "gran numero di popolo allettato dalle novità del corso", e "non solito farsi in tale contrada".

In quell'occasione, la strada diventa il luogo deputato della festa: sulle facciate delle case compaiono "gran varietà di parati", e "I'arco del palazzo dei signori Farnese" risulta "benissimo addobbato".

Il carattere ludico della via viene quindi ad accentuarsi nel Seicento, grazie anche all'uso di allagarla durante l'estate, quando si chiudeva il foro di scarico della monumentale fontana che, fino alla fine del XIX secolo, faceva da sfondo alla sua estremità dalla parte di ponte Sisto. L'acqua che ne fuoriusciva allagava larghi tratti della via, procurando grande divertimento al popolo e ai nobili, che vi passavano in carrozza.

Nel Settecento proseguono le feste: memorabile fu quella data nel giorno di Pentecoste del 1720 dai senesi, per l'elezione del loro concittadino Marco Antonio Zondadari alla carica di Gran Maestro dell'Ordine di Malta.

Per celebrare degnamente l'avvenimento, "furono eretti presso la chiesa di Santa Caterina da Siena due archi trionfali, uno verso la chiesa dello Spirito Santo dei Napoletani, l'altro verso il Palazzo Farnese. Da ambe le parti di tutta la strada, riccamente apparata e illuminata con lampadari, tra i due archi, si vedevano ritratti di uomini illustri senesi. Le acque della fontana del Mascherone si erano convertite in vino che si distribuiva al popolo, e che non cessò sino alle quattro di notte. Tutte le finestre furono illuminate e vicino al fontanone di ponte Sisto si sparò una gran macchina di fuoco artifiziale che rappresentava la religione di Malta trionfante con le figure dei suoi nemici depresse ai suoi piedi". Non solo, ma una lettera scritta per l'occasione da Girolamo Gigli ci informa che "tutta la nobiltà romana volle fare per la strada Giulia il suo passeggio, con la mostra delle gale più preziose e delle più ricche carrozze...... Gli aristocratici fanno a gara per abbellire il loro tratto di strada: il marchese De Sanctis, ministro del "serenissimo di Parma", lo illumina con padelloni, e così fanno i Sacchetti, i Farnese, i Falconieri, i Ricci e tutti gli esponenti delle famiglie residenti su via Giulia, con tanta magnificenza che "quel maestoso lungo cammino rappresentava una prospettiva da gran tempo in Roma non veduta".

Il documento si chiude con la descrizione del giubilo dell'intera città:"Restò dunque per quella sera disabitato tutto il rimanente di Roma per popolare la strada Giulia, e fu tale la curiosità dei più gran personaggi e della più bassa plebe che, non bastando le finestre e le ringhiere che in quella strada corrispondono, né le carrozze, né i palchi, né le carrette fatte in gran numero venire, né tutte le ampie strade, si ridussero di più coperti i tetti a tal segno che, finito a tre ore il fuoco, non bastò un'altra ora a sgombrare affatto la gente che sopra ogni memoria di più vecchi a questo Senese trionfo erasi affollata".

Ad affermare quindi il carattere di "scena urbana", di via Giulia, luogo ideale per allestire feste e spettacoli, sia aristocratici che popolari, contribuiscono certamente gli interventi architettonici accennati in precedenza, che definiscono nel corso del Seicento l'assetto della strada, e in qualche modo diventano i principali protagonisti della sua storia durante l'età barocca.

Considerata quindi la loro importanza, vediamo di riassumerne qui le principali caratteristiche ed il loro effettivo peso all'interno di un tessuto urbano già in gran parte determinato.

Tra il 1608 ed il 1614 l'architetto Carlo Maderno, riprendendo il progetto di Giacomo Della Porta, completa il transetto, il coro e la cupola di San Giovanni dei Fiorentini, che sei anni dopo può dirsi terminata, eccezion fatta per la facciata (che sarà realizzata dopo più di un secolo da Alessandro Galilei).

La realizzazione di una delle due testate finali di strada Giulia (e vale la pena di ricordare che è sempre nei primi anni del XVII secolo che viene approntata anche la mostra dell'acqua Paola addossata all'ospedale dei Mendicanti) permette dunque un dialogo diretto con San Pietro, e segna in qualche modo l'estremità del cannocchiale prospettico costituito dallo stesso asse viario, che si conclude con il fontanone di ponte Sisto, costruito dal fiammingo Giovanni Van Zanten, detto "Vasanzio", con la collaborazione di Giovanni Fontana, nel 1613, per ordine di Paolo V (demolito nel 1879 e ricostruito diciannove anni dopo dalI'altra parte del fiume, davanti a ponte Sisto).

Questi due interventi, alle estremità della via, ne stabiliscono dunque precisi confini, riconducendo il tessuto urbano del sedicesimo secolo ad una, seppur vaga, idea di unità, ulteriormente accentuata da altre iniziative di provenienza diversa, ma volte allo stesso risultato: una ulteriore riqualificazione della strada.

In questo senso va senz'altro letto il rifacimento di palazzo Falconieri, ordinato a Francesco Borromini da Orazio, il membro della ricca famiglia fiorentina che lo aveva acquistato nel 1638 da Pietro Farnese, per la somma di 16.000 scudi.

L'ampliamento del precedente edificio cinquecentesco, iniziato dal Borromini nel 1646, si delinea come un allargamento in senso longitudinale dell'immobile, a cui l'architetto aggiunge, in facciata, tre assi di finestre ed un secondo portale a bugne, simile a quello del palazzo originario. Ed è proprio tramite questa fronte allungata, delimitata alle estremità da due erme terminanti a teste di falco, che l'edificio posto ora in posizione dialogica con la mole farnesiana, a cui è collegato attraverso la chiesa dell'Orazione e Morte, si inserisce a pieno diritto nell'ambiente urbano. Insieme a palazzo Sacchetti, la dimora dei Falconieri, così profondamente connotata dalla presenza quasi ossessiva dei falconi araldici, diventa il secondo palazzo gentilizio ad insistere su strada Giulia, nel tentativo di colmare la profonda cesura tra l'isola dei Farnese e l'asse viario di Giulio II. L'intento di Borromini è appunto quello di celebrare su scala urbana la dinastia dei Falconieri, attraverso il dispiegamento, all'interno del corpo della loro residenza, di una serie di emblemi, simboli ed imprese tra cui primeggia l'elemento araldico del falco che la definiscono in maniera precisa ed inequivocabile.

Un altro intervento che determinerà una modifica di un grosso tratto di via Giulia è la costruzione delle Carceri Nuove, volute da papa Innocenzo X Pamphilj e realizzate dall'architetto Antonio del Grande tra il 1652 ed il 1655.

Una scelta, quella del papa e del suo consigliere Virgilio Spada, carica di conseguenze per l'intera zona, che risulta, alI'inizio del Seicento estremamente malfamata e degradata, come già ricordato in precedenza, ostacolo quindi per il programma gentilizio di riqualificazione, ottenuto attraverso l'ampliamento delle residenze aristocratiche (Sacchetti, Falconieri, Ricci).

La costruzione delle Carceri Nuove va interpretata quindi innanzitutto come espressione della "Justitia Papalis", pronta ad intervenire per risanare le parti più misere della città con una struttura caratterizzata da criteri umanitari di rieducazione estremamente avanzati.

Ma al di là della generica ripresa del programma politico di Giulio Il le Carceri Nuove rappresentano la realizzazione di un piano predisposto da una parte per colpire antichi privilegi feudali ancora in vigore, e dall'altra per coordinare il frammentario sistema carcerario della città.

Fin dal 1430 la potente famiglia dei Savelli possedeva uno dei maggiori istituti di pena di Roma, la "Curia Savella", situata presso il Collegio inglese, in via di Monserrato, e dalla stessa epoca avevano la carica di Maresciallato di Santa Romana Chiesa, che comportava un proprio tribunale e l'estensione delle facoltà giurisdizionali ai membri laici della famiglia.

L'occasione di togliere ai membri di questa stirpe tutti i loro privilegi data del 1652, quando i Savelli chiedono al papa di poter ampliare la loro curia. Solo a questo punto il pontefice si rende conto della fatiscenza e del degrado di quelle prigioni, sottolineate anche dalle proteste del Collegio inglese, contenute in una lettera indirizzata a Virgilio Spada, deputato "sopra la congregazione delle Carceri de Corte Savella", che puntualizza le conseguenze negative che tale ampliamento avrebbe per tutta la zona circostante: "il cattivo odore, gridi, et rumore, et altre insolenze delli Prigionieri sariano notabilmente peggiorate di conditione. La vicinanza di dette Carceri - scrivono i membri del Collegio - è al presente di fastidio grandissimo al detto Collegio... e sino li sacerdoti, mentre celebrano il Santissimo Sacrificio in Cappelletta, sono sottoposti con grand'inconvenienza allo strepito, e rumore delle dette Carceri, et alle grida de' tormentati". Grazie alla mediazione dello Spada, con una lettera datata 21 marzo 1652, il papa avoca a sé il possesso della Corte Savella e vende una parte delle proprietà della famiglia, negandole i precedenti privilegi.

Nascono così le Carceri Nuove, esemplare modello di educazione carceraria, che si pongono, secondo la volontà del pontefice e del suo abile consigliere, come controaltare della disumana corte dei Savelli. Non solo, ma essendo situate al centro di via Giulia, contribuiscono in misura non indifferente alla nascita del nuovo "look" della strada, definita alle due estremità dalla chiesa dei Fiorentini e dai complessi residenziali dei Farnese e dei Falconieri e caratterizzata, lungo l'asse viario, da ottimi esempi di edilizia borghese, da importanti chiese e grandi dimore patrizie. All'interno di una struttura viaria così organizzata, la massa unitaria dell'edificio costruito da Antonio del Grande domina l'intera parte centrale, eloquente simbolo della giustizia papale, risanatrice di una zona degradata dell'urbe.

Gli altri interventi seicenteschi riguardano due chiese: Santa Maria del Suffragio, costruita, insieme all'annesso oratorio, da Carlo Rainaldi tra il 1662 al 1669, che costituisce, insieme alla più antica San Biagio della Pagnotta, uno dei due piani scenici all'estremità di una veduta prospettica, di gusto eminentemente teatrale, che si concludeva con la fronte della chiesa di Sant'Anna dei Bresciani, ricostruita da Carlo Fontana tra il 1669 ed il 1709 sui resti del palazzo dei Tribunali del Bramante.

La demolizione di quest'ultima, avvenuta nel 1888 per la costruzione del lungotevere, permette un'idea troppo vaga, basata su incisioni e documenti dell'epoca, dell'aspetto di questa scenografia sacra, che doveva essere piuttosto suggestiva.

La fisionomia della strada assunta tra la fine del Cinquecento e tutto il Seicento si stabilizza in maniera definitiva nel XVIII secolo: gli interventi realizzati a cavallo tra Sei e Settecento contribuiscono appunto a tale assetto, aggiungendovi ormai poche novità.

Sul piano dell'edilizia residenziale di stampo gentilizio, vanno segnalati principalmente la costruzione di palazzo Varese, ad opera del Maderno, limitata probabilmente ad una generale risistemazione delle strutture preesistenti, e gli ampliamenti di palazzo Ricci, realizzati a due riprese (nel 1634 e nel 1683), con il preciso scopo di conferire una visione unitaria (grazie alla costruzione di un'unica facciata su via Giulia) ad un insieme disorganico di edifici costruiti in tempi diversi, e secondo modalità architettoniche ed esigenze non certo uniformi.

Altrettanto poco significanti risultano gli immobili dove trovano sede due collegi, quello Ghislieri (successivamente assai manomesso) e quello Bandinelli, presso la chiesa dei Fiorentini, così come la ristrutturazione di un gruppo di abitazioni possedute prima dalla famiglia Ricci, e passate poi ai Donarelli, situate di fronte a palazzo Sacchetti. Un documento del 1663 potrebbe far pensare ad una ristrutturazione ad opera di Carlo Rainaldi per la famiglia Donarelli, ma le notizie in proposito sono assai imprecise. Gli scarsi interventi settecenteschi non fanno altro che ribadire ancora una volta il carattere frammentario e tutto sommato, ambiguo dell'arteria, tagliata fuori dall'espansione della nuova città, in direzione del Quirinale e di Porta del Popolo. Strada elegante ed aristocratica nel tratto tra i palazzi Farnese e Ricci, sorvegliato luogo carcerario nei pressi delle Carceri Nuove, zona di speculazione di alto livello nella parte rimanente, via Giulia resta comunque isolata dai grossi movimenti edilizi della Roma settecentesca.

Gli unici episodi architettonici che interessano la strada nel corso del diciottesimo secolo sono legati al mondo ecclesiastico: la facciata realizzata da Alessandro Galilei per San Giovanni dei Fiorentini (1733-34), la ricostruzione della chiesa dell'Orazione e Morte, brillante opera di Ferdinando Fuga (1733-37), il rifacimento della facciata della chiesetta seicentesca di San Filippo Neri, opera di Filippo Raguzzini (1728) e di quella di San Biagio della Pagnotta, di mano di Giovanni Antonio Perfetti (1730) ed infine, nella seconda metà del secolo, la ricostruzione della chiesa di Santa Caterina da Siena (Paolo Posi, 1766-68). Essi rappresentano altrettanti esempi tratti dal repertorio architettonico settecentesco in tema di edilizia ecclesiastica, senza aggiungere però grandi mutamenti all'immagine generale della via.

DAL 1800 ALLA PRESA DI ROMA

Se fino al XVIII secolo la decadenza di via Giulia viene ancora mascherata grazie a qualche intervento di carattere religioso, nell'Ottocento ciò non si verifica più. Per tutta la prima metà di questo secolo continuano i restauri e gli abbellimenti, su scala ridotta, cominciati nella seconda metà del Settecento, e, come già questi ultimi, senza eccessivi risultati, anzi, al contrario, con l'effetto di accentuare il processo di degrado del patrimonio edilizio romano.

Le iniziative sono poche e di livello non certo elevato: si va dalla costruzione delle Carceri Minorili, accanto a quelle Nuove, realizzata da Giuseppe Valadier per conto di Leone XII (1825-27) al restauro, ad opera di Benedetto Santi, dell'Ospizio degli Armeni, adiacente alla chiesa di San Biagio (1830), fino alla nuova facciata, di gusto dichiaratamente eclettico, di Santo Spirito dei Napoletani (1853), firmata da Antonio Cipolla con un affresco di Pietro Gagliardi (1860).

Migliori risultati vengono raggiunti da Pietro Camporese ed Antonio Sarti nel palazzo degli Stabilimenti Spagnoli (1848-62) e soprattutto nel suo armonioso cortile, dove vengono collocati alcuni monumenti dopo l'unificazione delle due chiese spagnole a Roma (San Giacomo degli Spagnoli e Santa Maria di Monserrato) avvenuta nel 1817.

Con il complesso del Collegio Spagnolo l'attività edilizia legata a via Giulia segna una battuta d'arresto: la fisionomia raggiunta dopo tre secoli di storia sembra avere raggiunto una certa stabilità, che durerà però molto poco, per modificarsi ulteriormente con la nascita di Roma capitale.

VIA GIULIA NELLA ROMA CAPITALE

Con l'avvento della Roma capitale, la storia della strada si lega indissolubilmente con quella delle demolizioni, che ne mutano completamente parte del volto e della natura.

Le demolizioni cominciano subito dopo l'approvazione del primo piano regolatore della Roma umbertina, quello di Viviani, datato 1873, che prevede infatti una serie di squarci convergenti su San Giovanni del Fiorentini, al fine di legare il centro storico con il quartiere in via di sviluppo dei Prati di Castello, attraverso la realizzazione di corso Vittorio Emanuele e la prosecuzione di via dei Coronari.

Sempre in questo stretto giro di anni, cominciano i lavori necessari alla costruzione dei muraglioni sul fiume, che vengono realizzati nel 1888: è proprio quest'operazione a snaturare del tutto il rapporto di "Strada Giulia" con il fiume Tevere. Un rapporto molto importante, cominciato dal Medioevo, e cresciuto nel tempo: dai mulini tiberini, gli "acquimoli", ai traghetti, che assicuravano, fin dal lontano Cinquecento, il rapido passaggio da una riva all'altra del fiume. A questo proposito, sembra che fino al 1870 facesse le veci di traghetto una grossa chiatta, fissata ad una corda munita di carrucola: il ricordo viene perpetuato da via della Barchetta, una delle traverse di via Giulia. La creazione dei muraglioni sul fiume, realizzati per eliminare le frequenti e dannose piene del Tevere, ha avuto però come conseguenza la distruzione di tutto il margine dell'abitato dell'ansa del fiume fino a ponte Sisto, eliminando non soltanto le case di edilizia comune, ma anche parte del cortile di palazzo Falconieri, che si affacciava direttamente sull'acqua. Non solo, ma ha determinato il completo isolamento della strada spezzando un rapporto di natura estetica molto importante: oggi non hanno più senso le logge di tutti i palazzi posti sul lato verso il fiume (Sangallo-Medici, Sacchetti, Varese, Falconieri), aperte proprio per stabilire un legame visivo con il Tevere. Sono poi del tutto scomparsi (tranne che a palazzo Sacchetti) i giardini retrostanti alle corti, ideali tappe di un percorso che va dalla strada al Tevere, passando attraverso l'atrio, la corte e il giardino retrostante, per arrivare, a volte, sul moletto privato della famiglia proprietaria del palazzo.

Il piano regolatore del 1873 diventerà legge dieci anni più tardi, con il solo effetto, in seguito alla creazione di corso Vittorio Emanuele, di isolare ulteriormente la zona di via Giulia, compresa tra la nuova arteria del centro storico di Roma e il fiume.

Il successivo piano regolatore, datato 1909 e firmato da Edmondo Sanjust di Teulada, prevede uno sventramento che interessa da vicino la nostra strada, e più precisamente l'apertura di un nuovo asse viario che unisca ponte Mazzini con via Ripetta, passando attraverso piazza della Chiesa Nuova. Tra questi progetti e le effettive demolizioni previste e concretizzate all'inizio degli anni Trenta occorre registrare la costruzione di una casa per l'avvocato Pateras, realizzata dall'architetto Marcello Piacentini intorno al 1924 nell'area che costituisce oggi il tratto finale della via verso ponte Sisto.

La storia delle vicende edilizie di "Strada Giulia" si conclude in piena epoca fascista, con i grandi sventramenti effettuati tra le Carceri Nuove e Santo Spirito dei Napoletani, creando una squallida zona vuota ed anonima tra ponte Mazzini e via dei Banchi Vecchi, a lato della quale si installa nella stessa epoca il liceo Virgilio, disturbando ulteriormente un tessuto urbano di cui abbiamo tentato di evidenziare, in queste pagine, la bellezza, unita però ad un'estrema fragilità.

FINE

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