Parliamo di...

Palazzo Sangallo - Medici - Clarelli

L'edificio che al n° 79 di Via Giulia ospita oggi la 1^ Circoscrizione, fu eretto nel 1535-36 da Antonio da Sangallo il Giovane per farne la sua residenza privata. Alla morte del Sangallo (1546) l'immobile fu venduto al fiorentino Migliore Cresci, ricordato nelle iscrizioni che corrono lungo le cinque finestre MELIOR DE CRESCIS CI FLORENTINUS. Tra il 1559 e il 1565 il nuovo proprietario fece decorare l'intera facciata con degli affeschi,  in cui figuravano anche le insegne medicee e i ritratti di Giovanni e Giuliano de' Medici. La decorazione rimase in loco fino alla fine dell'Ottocento, quando fu sostituito l'intonaco. In memoria dell'impresa rimase in facciata la targa che inneggia a Cosimo I, duca di Firenze ( COSMO MEDICI / DUCI FLOREN II / PACIS ATQUE / IVSTICIAE CULTORI ).
Nel corso del XVII secolo il palazzo fu ampliato allungando la facciata, in cui fu ripetuto il motivo delle finestre sangallesche. Passato al Consolato di Toscana e, più tardi, ai Marini Clarelli, l'edificio divenne prima sede di una caserma, quindi fu acquistato dal Comune che ne ha sovvenzionato i restauri. Il complesso è tagliato longitudinalmente dal vestibolo d'ingresso e dal cortile, in parte coperto, con un effetto prospettico che mette in evidenza il motivo della serliana nella facciata del cortile. Raffinatissima la scelta di un atrio sopraelevato rispetto all'androne, dal quale si gode l'inquadratura scenografica di tutta la corte.

 


Ponte Sisto

L'antico Pons Aurelius eretto forse da Caracalla (211 - 217), restaurato da Valentiniano (IV sec) e rovinato per una piena del Tevere nel 792, fu rifatto ex novo per il Giubileo del 1475, sfruttando il lascito che il cardinale Torquemada fece ai Domenicani di S. Maria sopra Minerva. L'opera, promossa da Sisto IV, e alla quale partecipò lo scalpellino Francesco Mei, è attribuita dal Vasari a Bacci Pontelli, ma la citazione sembra poco attendibile data la giovane età che quest'ultimo aveva all'epoca. Il ponte fu restaurato nel 1575 (Matteo da Castello) e nel 1598. Durante i lavori per l'apertura del Lungotevere (1877 - 78) al ponte fu sovrapposta una passerella in ghisa e le targhe quattrocentesche, inneggianti a Sisto IV, murate nella testata. L'altra targa recita: MCCCCLXXV QVI TRANSITIS XYSTI QVARTI BENEFICIO DEVM ROGA VT PONTIFICEM OPTIMVM MAXI MVM DIV NOBIS SALVET AC SOSPITET BENE VALE QVISQVIS ES VBI HAEC PRECATUS FVERIS (1475 tu che passi su questo ponte per merito di Sisto quarto, prega il Signore che ci conservi lungamente e assista il pontefice ottimo massimo. Vattene in pace, chiunque tu sia, dopo che avrai detto quest


Palazzo Pateras Pescara

Al numero 251 di Via Giulia prospetta il palazzetto Pateras Pescara, attualmente sede del Consolato di Francia. L'edificio fu costruito nel 1928 da Marcello Piacentini per l'avvocato Pateras Pescara. L'area in cui sorge l'edificio fu poco sfruttata da un punto di vista edilizio tra il XVI e il XIX secolo, forse a causa dello scarso respiro che offriva la zona, penalizzata tra l'altro da presenze scomode a Ponte Sisto, quali prostitute ed i mendicanti dell'Ospizio. Nel prospetto principale dell'edificio si apre un portone architravato con un suggestivo mascherone grottesco. La finestra superiore è sormontata da una cornice con lo stemma Pateras.


erma_falco.jpg (10027 byte)

Palazzo Falconieri

Il palazzo Falconieri, al numero 1 di Via Giulia, sorge sull'antico palazzo Odescalchi, ivi innalzato nel XVI secolo e conservato integro fino al 1638, quando Orazio Falconieri lo acquistò dai Farnesi che a loro volta lo avevano rilevato nel 1606. Dopo il 1640 Borromini lavorò alla ricostruzione dell'edificio con una nuova ala verso il Tevere, iniziata nel 1646. A conclusione dei lavori, protrattisi fino al 1649, l'edificio risultava ampliato e modificato in più zone. Nella facciata su Via Giulia, Borromini aggiunse tre finestre alle otto preesistenti e realizzò un portone cieco, simmetrico a quello cinquecentesco. Alle estremità del prospetto egli inserì due erme con teste di falco, animale simbolo della famiglia, e seni femminili; delle due una, quella di sinistra fu messa in opera nel 1730-35. Dal 1650 al 1660 furono eseguiti dei lavori inerenti la funzionalità dell'edificio: canalizzazione dell'acqua, costruzione di granai, cucine e giardini. Dal '64 al '69 gli operai della fabbrica si occuparono di finiture e restauri. Tra il 1730 e il 1733 Ferdinando Fuga è documentato come architetto della famiglia Falconieri per la quale lavorò nel palazzetto adiacente all'edificio principale su Via Giulia, ove eseguì alcuni lavori di rifinitura.


Fontana dell'Acqua Paola in Piazza Trilussa

Il problema dei vagabondi e mendicanti che nel corso del Cinquecento popolavano Roma indusse i pontefici a emanare una serie di bandi per arginare il fenomeno. Gregorio XIII (1572 - 1585) incaricò l'Arciconfraternita dei Pellegrini di fondare a tal proposito un ospizio in San Sisto Vecchio. Nel 1586 Felice Peretti acquistò delle case presso ponte Sisto e incaricò Domenico Fontana, suo architetto di fiducia, di erigere in quel luogo un ospizio per i mendicanti. Esso fu sacrificato durante i lavori di arginatura del Tevere intorno all'anno 1880. Nel 1613 a ridosso della facciata dell'Ospizio, Giovanni Vesanzio e Giovanni Fontana costruirono per volontà di Paolo V la mostra dell'Acqua Paola, monumentale fondale per Via Giulia. Nel 1879 la fontana fu smontata e solo nel 1898 ricostruita dall'altra parte del Tevere a Piazza Trilussa


Palazzo degli Stabilimenti Spagnoli

La facciata del palazzo al n° 151 di Via Giulia fu eseguita da Antonio Sarti (1797 - 1880). Un'iscrizione inneggia alla munificenza di Elisabetta II, regina di Spagna, e Pio IX. Al di sopra dell'epigrafe è lo stemma castigliano coronato e inquadrato da due angeli. Il progetto dell'edificio che prospetta su Via Giulia risale al 1818, quando l'architetto Gioacchino Marini elaborò una perizia per il complesso che gravitava intorno alla chiesa di S. Maria di Monserrato, eretta sulla via omonima, a fasi alterne, dal 1518 al 1675.   

 


carc_nuove.jpg (13077 byte)

Carceri Nuove

Attraverso il massiccio portale rastremato che si apre al n° 52 di Via Giulia, si accedeva un tempo alle Carceri Nuove, cosiddette perchè sostituirono i più antichi istituti di pena dislocati a Tor di Nona, Corte Savella e Borgo. L'architetto fu Antonio Del Grande che che eseguì il complesso tra il 1652 e il '55, su commissione di Innocenzo X, ricordato da un'iscrizione che sormonta l'architrave della porta. Alla morte del pontefice (1655) l'edificio non era ancora terminato. Fu Alessandro VII Chigi a concludere i lavori sfruttando gli ambienti per lavare coloro che, scampati alla peste del 1656, erano tenuti in isolamento a S. Pancrazio e a S. Eusebio. L'organizzazione interna del carcere prevedeva un reparto maschile ed uno femminile, nonchè una sezione adibita ai minorenni.
 


Casa con stemmi Farnesiani in Via Giulia n° 93

Il palazzetto che prospetta su Via Giulia al n° 93 fu decorato con gli emblemi di casa Farnese durante il pontificato di Paolo III (1534-49). L'architetto titolare della fabbrica fu forse Giacomo Della Porta. Al centro della facciata attuale, sopra la cornice della finestra al primo piano, è lo stemma di Paolo III sormontato dalla tiara pontificia e le chiavi e inquadrato da due liocorni. Più in basso, ai lati della finestra che si apre su un balcone, sono altri due stemmi farnesiani; a sinistra del Cardinale Ranuccio o Alessandro, a destra del duca Ottavio o, forse di Pierluigi Farnese.


coll_ghislieri.jpg (14478 byte)

Collegio Ghislieri

Il Liceo classico "Virgilio" costruito tra il 1936 ed il 1939, trova spazio in un'area già occupata da edifici antichi. Durante i lavori per il moderno edificio fu inglobato in esso ciò che restava del Collegio Ghislieri, il cui portale fa bella mostra di sè al numero 38 di Via Giulia. Nel timpano spezzato curvilineo è un riquadro con la Sacra Famiglia e un'iscrizione con stemma che inneggia a Giuseppe Ghislieri, fondatore dell'Istituto(1630). Nel 1670 il collegio fu sistemato sotto il patronato dei Salviati. Ognuno dei ventiquattro giovani ospiti, provenienti da famiglie nobili decadute delle Stato pontificio, poteva risiedere nell'Istituto per cinque anni.



torna al sommario