continuazione della prima parte


Realizzazione del Ponte Vittorio Emanuele II (1905-1911)

Il nuovo ponte Vittorio Emanuele II sorge proprio in prossimità di quello antico neroniano; crea un collegamento diretto tra Borgo e il nuovo Corso Vittorio.

P.R.G. 1909

Il Piano Regolatore Generale del 1909 propone nuovamente nell’area dei Borghi la creazione di un’arteria trasversale, da Porta Castello al Tevere in direzione del Ponte Vittorio Emanuele, disposta pertanto più ad est rispetta a quella del 1883. 

Progetto Gugler (1915)

Eric Gugler, membro dell’Accademia Americana di Roma, propone nel suo progetto la demolizione totale della Spina, una grande piazza circolare sull’asse di ponte Vittorio con un obelisco addirittura più grande di quello della piazza San Pietro e quattro filari di alberi tra la nuova piazza circolare ed il colonnato-porticato del Bernini. L’architetto americano crea così un nuovo foro in prossimità di Castel Sant’Angelo in collegamento con il Foro Sancti Petri. L’ampio viale alberato è diviso da tre laghetti artificiali. L’intenzione dell’autore è quella di creare un accesso migliore al più importante Tempio della Cristianità.
La componente innovativa del progetto Gugler non è tanto nell’asse di collegamento Castel Sant’Angelo-Basilica di San Pietro, quanto nelle forme di arredo e nella sistemazione dell’area in prossimità di Castel Sant’Angelo. 
La piazza disegnata dal Gugler è di forma circolare. Il suo centro è definito dall’incrocio dell’asse del Ponte Vittorio con quello del nuovo viale proveniente da San Pietro. Questa forma circolare crea un colloquio a distanza con la piazza ellittica del Bernini. Tale colloquio è ribadito anche dai due obelischi, sebbene quello nuovo, per una precisa scelta urbanistica dell’architetto Gugler, in realtà non sia collocato al centro della piazza circolare ma sia invece situato all’ingresso del nuovo viale, per richiamare l’attenzione verso San Pietro. Infatti, in un rapporto a distanza tra emergenze architettoniche, l’obelisco sembra all’architetto l’elemento più appropriato per instaurare una sorta di dialogo, in quanto questo tipo di monumento, estendendosi solo in altezza, non crea eccessive sovrapposizioni architettoniche. 
La sistemazione a giardino della strada proposta dal Gugler ha nell’acqua l’elemento di collegamento tra le spazialità nuova e barocca. Il Gugler progetta così un lungo asse di purificazione che, partendo dalla fontana al centro della nuova piazza, si conclude con le due fontane gemelle a piazza San Pietro. 
L’architetto americano sottolinea anche l’effetto che offrirebbero gli alberi, una volta cresciuti, con il contrasto tra le zone ombreggiate e quelle assolate: si otterrebbe così un succedersi simbolico di luci e di ombre, fino alla grande piazza del massimo Tempio della Cristianità, totalmente illuminata dal sole. In questo modo il Gugler realizza un vero percorso simbolico, la cosiddetta via Salvationis o della Purificazione, dalla strada degli Angeli (ponte di Castel Sant’Angelo) sino allo spazio basilicale.
La vegetazione ha anche lo scopo di correggere le irregolarità di simmetria delle fronti della nuova strada particolarmente visibili da San Pietro in direzione del Tevere. Gli alberi infatti, formando due siepi, una stretta, dal lato di Borgo Vecchio, l’altra, larga, dal lato di Borgo Nuovo, riescono a nascondere, almeno in parte, i difetti di simmetria presenti. Inoltre, dalla parte di San Pietro, nella siepe stretta gli alberi sono più ravvicinati, in modo tale da equilibrare la maggiore larghezza della siepe controlaterale. In questo modo uno spettatore da piazza San Pietro ha l’impressione che le due file di alberi siano delle stesse dimensioni. L’uso degli alberi evita la concorrenza con l’architettura esistente e il Gugler sceglie, come tipo di albero, il leccio.
Il tema del giardino si collega con il simbolismo della piazza berniniana la cui funzione di ‘Paradiso’dell’antico quadriportico costantiniano è rievocata dalle due fontane.
Dal punto di vista urbanistico il suo asse alberato si pone come ideale prosecuzione della strada prevista nel 1881 dalla Commissione per il Piano Regolatore del Comune di Roma. La strada avrebbe dovuto creare, collegando i Lungotevere con la via del Corso, un punto di osservazione privilegiato della cupola michelangiolesca situato nel cuore della città, in prossimità di piazza Colonna, in un sistema di visuali comprendente oltre San Pietro, piazza del Popolo e il nuovo monumento a Vittorio Emanuele II. 
Il Gugler affronta anche la questione economica, giungendo alla conclusione che il suo progetto avrebbe notevolmente aumentato il valore dell’area dei Borghi grazie alla presenza degli alberi, dei laghi artificiali e di tutti gli altri arredi urbani.
Il progetto, sebbene conosciuto, (recentemente analizzato in maniera approfondita dall’architetto Vincenzo Cazzato), non è stato preso in considerazione in nessuno dei suoi particolari aspetti perché più vicino alla cultura urbanistica americana. Infatti il nuovo foro sistemato a verde davanti alla Basilica ricorda il grande spazio vuoto del ‘Mall’, famoso centro della costellazione delle piazze della città di Washington, proteso direttamente verso il Campidoglio.

Progetto Brasini (1916)

Armando Brasini progetta la demolizione di tutte le case tra Borgo Nuovo e Borgo Vecchio per costruirvi un nuovo ed ampio Portico ininterrotto.
Il progetto fa parte di una serie di studi condotti dall’architetto per una trasformazione artistica di Roma ed è stato pubblicato in un volume di lusso in folio oblungo intitolato L’Urbe Massima con testi di Paolo Orano.
In questa trasformazione ideale della città il Brasini dedica cinque bellissime tavole alla sistemazione dei Borghi. La prima di queste tavole illustra lo stato attuale, la seconda, la più importante, riguarda la nuova sistemazione dell’area veduta dall’alto, la terza rappresenta il prospetto d’ingresso del Portico dalla parte di Castel Sant’Angelo, nella quarta tavola invece, viene disegnato il particolare del frontone d’ingresso del Portico sulla piazza Pia ed infine, la quinta illustra il particolare del palazzo di destra di piazza Pia verso il Tevere. L’artista demolisce la Spina dei Borghi, sostenendo di cercare di migliorare la condizione edilizia dell’area, ricostruendo l’antica Portica. Ma poiché l’architetto non è guidato dall’idea religiosa del sepolcro del Santo Apostolo, ma da quella della gens italica, popola il suo Portico con le statue di 80 fra i più grandi personaggi illustrati nella sua Urbe Massima, rappresentanti i maggiori cavalieri della nobiltà romana ed italiana.
Il Brasini inoltre cerca di collegare il suo progetto con la trasformazione dei Lungotevere dove la città, secondo l’architetto, deve mostrare tutta la sua bellezza. Cura infatti, in maniera speciale il nuovo aspetto di piazza Pia.
La sua proposta progettale si basa in realtà però solo su una veduta a ‘volo d’uccello’ ottenuta mediante una prospettiva d’insieme presa all’altezza di Castel Sant’Angelo. Molto probabilmente, poiché il Portico del Brasini è alto come quello berniniano circa 20 metri, da piazza Pia si potrebbe avere solo una parziale veduta dell’obelisco e della sola parte centrale del basamento della facciata del Tempio, con gli stessi difetti di sovrapposizione architettonica del progetto della Galleria di Andrea Busiri Vici. 
Con questo progetto Armando Brasini inoltre, sembra voler realizzare un complesso architettonico che tende a sopraffare quello berniniano. Infatti, nella sua Portica l’architetto usa l’ordine corinzio, più complesso rispetto a quello dorico adottato dal Bernini, ed aumentando in maniera eccessiva, il numero delle colonne, e disponendo trabeazioni su trabeazioni, affastella più motivi architettonici, contrariamente al Bernini che aveva invece cercato di semplificare il più possibile l’architettura del suo porticato-colonnato.

I Patti Lateranensi del 1929: La creazione dello stato sovrano del Vaticano

Il progetto di demolizione della Spina dei Borghi, tornato attuale dopo la firma dei Patti Lateranensi, rompe il rapporto secolare di mediazione non solo storica ma anche volumetrica e spaziale tra la città e la Basilica. Il Concordato del 1929 pertanto, grazie al suo carattere di universalità, rende possibile l’esecuzione di quest’opera destinata altrimenti a rimanere astratta. Sorge di conseguenza la necessità di creare un segno urbano fortemente espressivo in grado di equilibrare nella stessa città la presenza di due stati sovrani e indipendenti.
Il progetto della demolizione della Spina dei Borghi riceve quindi l’alta approvazione del Pontefice Pio XI e del Capo del Governo Benito Mussolini.
La Santa Sede vuole da parte sua riaffermare il ruolo urbano di San Pietro e del Vaticano, compromesso peraltro dall’insorta centralità logistica del nuovo monumento dedicato a Vittorio Emanuele II a piazza Venezia. Quindi, l’apertura della futura via della Conciliazione fino al Tevere, con il compito di riavvicinare San Pietro alla città, corrisponde ad una sorta di ritorno del potere temporale su Roma che si stava ristrutturando come capitale di uno stato laico ed indipendente.

P.R.G. 1931 

Il Piano Regolatore del 1931 propone di creare una nuova arteria trasversale da Porta Castello, per via della Traspontina, a Lungotevere Sassia in direzione del ponte Vittorio Emanuele, di allargare la via del Mascherino, in modo da creare un’ampia comunicazione sussidiaria a via di Porta Angelica tra piazza Risorgimento e piazza Rusticucci e di isolare il Corridore di Borgo con il conseguente allargamento di Borgo Sant’Angelo e il suo prolungamento sino a via di Porta Angelica.
L’isolamento del Corridore di Borgo ha la funzione di creare una sorta di appendice della Mole Adriana e di ricostituire l’antica unità tra il Vaticano e il suo Castello.

Progetto Gai Natale Cecchelli (1934)

Gli architetti Mario Gai, Ermanno Natale e Carlo Cecchelli, contrari all’ormai imminente demolizione della Spina, con il loro progetto cercano di conservare intatti il più possibile i Borghi. 
Per il problema della circolazione che considerano importante, ma non prioritario rispetto alla natura storica dei luoghi, propongono l’allargamento di via di Borgo Sant’Angelo, di tagliare diagonalmente un isolato di fabbricati tra Borgo Vecchio e Borgo Santo Spirito ed altre parziali demolizioni per allontanare il più possibile il traffico veicolare dalla Basilica.

Progetto Polazzo (dopo il 1936 e durante le demolizioni)

Terzo Antonio Polazzo, per attenuare l’eccessiva larghezza della nuova via di accesso a San Pietro dopo la demolizione della Spina, propone una struttura porticata che ricorda l’antica Portica.
La sua Portica, che si presenta diversa da quelle progettate da Andrea Busiri Vici e da Armando Brasini, è infatti costituita da due elementi porticati uguali e paralleli con però al centro uno spazio vuoto. La soluzione del Polazzo pertanto, sebbene restringa il campo visivo, lascia sempre pienamente visibile la parte centrale della facciata della Basilica e quindi la sua cupola anche da piazza Pia.
I due ordini di portici posti nel mezzo della nuova via ricreano lateralmente per il traffico cittadino anche le due vie di Borgo Vecchio e di Borgo Nuovo.
La Portica del Polazzo ha inizio al di là della trasversale che unisce ponte Vittorio a via della Traspontina; l’architetto per la zona tra l’inizio della nuova Portica e piazza Pia prevede una sistemazione a giardino.
La prospettiva centrale della nuova Portica del Polazzo ha il merito di esaltare il senso ascensionale della Basilica con l’accentuazione dell’asse mediano verticale della facciata, ristretta dal nuovo campo visivo, riuscendo così a valorizzare la maestosità della cupola michelangiolesca.
La Portica pertanto, con la sua particolare sezione, permette la visione della Basilica anche da lontano, eliminando i difetti di sovrapposizione architettonica delle Gallerie di Busiri Vici e di Brasini.
L’architetto inoltre, riesce a ricreare le visioni prospettiche verso la piazza lungo le due vie laterali che nessuno aveva più proposto dal progetto del Capranica durante la Repubblica Romana. 

Progetto Spaccarelli Piacentini, la demolizione della Spina e la realizzazione di via della Concilizione (1934-1950) 

Gli studi 

Nel 1934 l’Amministrazione Comunale di Roma affida l’incarico di redigere il progetto di riqualificazione dell’area dei Borghi agli architetti Marcello Piacentini ed Attilio Spaccarelli, il primo molto noto, in quanto massimo esponente del trionfalismo monumentalistico durante il regime fascista e curatore, come Commissario Generale dell’Architettura, della sistemazione dell’Eur 42, l’altro, più giovane, da poco diventato famoso per la sistemazione dell’area intorno a Castel Sant’Angelo.
I due architetti partono inizialmente da soluzioni diametralmente opposte. Spaccarelli infatti, nel giornale La Tribuna del 28 novembre 1934, pubblica una sua proposta per la sistemazione dei Borghi in cui ipotizza solo parziali demolizioni a piazza Pia ed a piazza Rusticucci, mentre mantiene intatta piazza Scossacavalli, in quanto non vuole spezzare l’unità storica dei Borghi cercando inoltre di preservare il carattere chiuso della piazza San Pietro. Addirittura, alcuni anni prima Spaccarelli, nella relazione al Capo del Governo dell’8 marzo 1931 sui lavori di sistemazione di Castel Sant’Angelo, aveva proposto di raggiungere la piazza San Pietro lateralmente, in modo da lasciare inalterato il caratteristico aspetto dei Borghi.
Marcello Piacentini invece, nel quotidiano Il Messaggero del 21 novembre 1934, è convinto che sia necessario demolire la Spina sia per riottenere la visibilità della cupola michelangiolesca, sia per creare un via di accesso più importante e decorosa alla Basilica Vaticana.
In verità, lo stesso Piacentini negli anni venti, nelle sue Lezioni stenografate di edilizia cittadina, parlando dell’accesso accidentato alla piazza San Pietro, lo aveva considerato un mirabile esempio di estetica ambientale, legato all’effetto sorpresa nella percezione della Basilica, tipico della fisionomia della Roma barocca. In questo modo aveva sposato le convinzioni urbanistiche di Camillo Sitte, architetto ottocentesco austriaco, ammiratore ‘degli spazi asimmetrici e non troppo grandi, tipici delle città antiche’ .
I due architetti perciò, pur partendo da idee differenti, finiscono per accordarsi e sviluppano una serie di soluzioni progettuali negli ambienti di Castel Sant’Angelo situati sopra la loggia di Giulio II, in modo da poter studiare e vedere dall’alto tutta la zona da riorganizzare.
Marcello Piacentini ed Attilio Spaccarelli esaminano tutti i precedenti progetti riguardanti la Spina dei Borghi, basati sul suo semplice abbattimento o anche sul riordino delle fronti dei palazzi ai lati della stessa.

Finalità del progetto 

Per i due architetti gli scopi principali della demolizione della Spina sono in primo luogo, la visibilità della cupola michelangiolesca, ed in secondo luogo, l’accesso decoroso alla piazza San Pietro, della quale si vuole comunque conservare il più possibile il carattere di spazio sacro, collegato ma distinto, da quello della città.
Marcello Piacentini ed Attilio Spaccarelli pensano che far rivedere la cupola di Michelangelo, con tutto il suo tamburo al di sopra della facciata, non solo permetta di poter ammirare la sua incomparabile bellezza, ma conferisca anche alla facciata del Maderno quel senso ascensionale che le manca. 
Il primo problema che si pongono è quello di determinare l’asse centrale della composizione progettuale, congiungendo il centro della facciata della Basilica con il centro dell’obelisco (come aveva operato anche Bernini nel disegnare la sua piazza), e lo prolungano fino a piazza Pia, mentre trascurano il centro della cupola michelangiolesca, come elemento di riferimento, in quanto non allineato agli altri due centri. Ed essendo esso il centro di una pianta circolare, i due architetti ritengono che la mancanza di allineamento, grazie alla distanza, possa sfuggire ad una immediata percezione.
Con la demolizione della Spina la situazione planimetrica dell’area si presenta con la fronte superstite di Borgo Vecchio quasi parallela a questo nuovo asse di riferimento compositivo, ma con le costruzioni terminali verso piazza San Pietro che nascondono la testata del portico berniniano; la fronte di Borgo Vecchio è infatti avanzata di circa 25 metri, mentre la fronte di Borgo Nuovo, pur essendo divergente rispetto all’asse di simmetria, è allineata al portico berniniano di destra.
Marcello Piacentini e Attilio Spaccarelli iniziano ad elaborare una lunga serie di soluzioni che sono una prova evidente delle grandi difficoltà affrontate per risolvere questa tema progettuale.

Soluzione A

I due architetti propongono una via aperta. La veduta prospettica della piazza Rusticucci e lo squarcio ad imbuto, ottenuto con l’abbattimento della Spina senza il taglio delle fronti edilizie e già prospettato dal Morelli, dall’Amministrazione Francese e per lo più dai piani regolatori di fine Ottocento, si rivelano non degni per realizzare un accesso decoroso alla piazza San Pietro.

Soluzione B

I due architetti si rendono conto non solo della irregolarità della strada, ma anche della sua eccessiva larghezza, ed allora pensano di ricreare una piazzetta centrale quasi in corrispondenza dell’antica piazza Scossacavalli, definita da fabbricati dalle linee architettoniche di carattere semplice.
La nuova piazza, così concepita a metà della via, produce un curioso effetto di sovrapposizione visiva, tanto che la cupola michelangiolesca da piazza Pia sembra sorgere addirittura sopra questi nuovi edifici.

Soluzione C 

In questa nuova soluzione gli architetti mantengono la fronte di Borgo Nuovo divergente ma allineata con il portico berniniano e tagliano simmetricamente la fronte di Borgo Vecchio rispetto all’asse compositivo di riferimento, creando così una figura planimetrica trapezoidale regolare. Anche questa ipotesi era già stata comunque avanzata nel 1887 dal Comune di Roma e successivamente accantonata.
Questa soluzione viene subito scartata anche da Piacentini e da Spaccarelli in quanto comporta la demolizione del famoso palazzo dei Penitenzieri ed il taglio della fronte del palazzo Cesi, opera pregevole di Martino Longhi. Inoltre la nuova planimetria ad imbuto, ossia a trapezio rovesciato, secondo gli architetti, ha l’inconveniente di avvicinare incredibilmente la facciata di San Pietro, abolendo quasi completamente, dal punto di vista visivo, la separazione tra lo spazio sacro e la città.

Soluzione D Creazione del nobile interrompimento 

Gli architetti, per ridurre il più possibile le demolizioni o i tagli degli importanti edifici storici presenti nell’area, concentrano la loro attenzione sulla piazza Rusticucci, dove creano due edifici laterali simmetrici (detti spalle) in rapporto alle testate del colonnato berniniano e collegati da un portico a larghi intercolumni. La porticata trasversale e trasparente ha le funzioni di interrompere la nuova strada al suo sbocco sulla ex piazza e di annullare in parte gli effetti prospettici delle due fronti irregolari della strada sia dalla parte di piazza San Pietro che da quella di piazza Pia.
Gli architetti, riproponendo il nobile interrompimento seicentesco del Bernini e del Fontana, riescono a creare un’area sacra, collegata, ma distinta, dall’ambiente della città e nello stesso tempo il punto di vista ottimale per osservare il colonnato, la facciata e la cupola. Inoltre, il progettato interrompimento, secondo Piacentini e Spaccarelli, non impedisce la vista della Basilica, poiché l’altezza del nuovo porticato non solo corrisponde a quella del colonnato del Bernini, ma è anche una struttura permeabile. Di conseguenza il nobile interrompimento consente ad un osservatore situato a piazza Pia la visione completa della cupola michelangiolesca e del suo tamburo e, poiché permette di far intravedere anche la facciata del Tempio, stimola la sua curiosità mantenendo pure inalterato l’effetto sorpresa della piazza barocca berniniana. 
Questa soluzione infine, prevede la ricostruzione a fianco di palazzo Torlonia del palazzo dei Convertendi collocato all’interno della Spina dei Borghi.

Soluzione D1 Riflessi urbanistici della soluzione D

Gli architetti abbinano alla soluzione D uno studio a più vasta scala territoriale che investe anche la città dall’altra parte del Tevere, in quanto la nuova via con la congiungente Parlamento-Ponte Vittorio costituisce non solo un complesso di straordinaria bellezza che riqualifica tutta l’area, ma anche una soluzione urbanistica che risolve notevoli problemi di traffico.
Piacentini e Spaccarelli non sono ancora soddisfatti comunque per l’irregolarità delle fronti edilizie lungo la via di accesso.

Soluzione E

Gli architetti progettano due nuove arterie che si irradiano da piazza Rusticucci verso i Borghi Sant’Angelo e Santo Spirito con andamento determinato dalle testate del colonnato berniniano. Tre strade giungono a piazza San Pietro con il risultato di una composizione a tridente.
L’eccessiva imponenza della mole del nuovo edificio progettato davanti a piazza San Pietro instaura un rapporto di difficile mediazione con il massimo Tempio della Cristianità ed inoltre, poiché non sono visibili dalla piazza della Basilica le due pareti laterali di piazza Rusticucci, la soluzione progettuale non crea quel senso di chiusura e di raccoglimento che gli architetti ricercano e non risolve ancora il problema dell’irregolarità dei fronti della nuova strada.
La soluzione è comunque interessante per l’impostazione delle nuove arterie laterali che si immettono diagonalmente nella piazza Rusticucci. 

Soluzione F

In questa soluzione gli architetti arretrano ancor di più, rispetto alla piazza San Pietro, il nobile interrompimento che trasformano addirittura in un vero e proprio edificio collegato con le fronti edilizie dei due Borghi per mezzo di due archi. Il monumento alla Conciliazione situato al centro della nuova via, anche se forato, risulta volumetricamente molto consistente.
I due architetti scartano di conseguenza subito questa soluzione. 

Nuove importanti considerazioni 

Ma poiché, ad eccezione dei palazzi monumentali, tutte le altre case dell’area devono essere comunque ricostruite per la creazione della nuova via di accesso a San Pietro, gli architetti abbandonano l’idea di ricostruzione dei nuovi fabbricati secondo i vecchi allineamenti, per giungere così alla soluzione della via a lati paralleli che, indipendentemente dall’interrompimento, è per loro la più armonica.

Soluzione G  Via aperta e rettifica parziale dei lati

In questa soluzione gli architetti mantengono la divergenza dei lati dei due Borghi fino a palazzo Torlonia, mentre lo sbocco su piazza Rusticucci avviene a lati paralleli.

Soluzione H  Via aperta e rettifica parziale dei lati

In questa soluzione Piacentini e Spaccarelli mantengono fermo l’allineamento di Borgo Vecchio ed avanzano la fronte edilizia di Borgo Nuovo rendendola però parallela a quella di Borgo Vecchio ed ovviamente all’asse di riferimento compositivo. Con tale soluzione vengono rispettati il palazzo dei Penitenzieri, il palazzo Serristori e il palazzo Cesi.
Nel lato di Borgo Nuovo rimangono inalterati il palazzo Torlonia e la chiesa della Traspontina, anche se leggermente arretrati rispetto all’allineamento generale.
Le spalle di piazza Rusticucci sono le stesse dell’interrompimento con il portico della soluzione D.

Soluzione I  Con Propilei (realizzata)

In questa soluzione gli architetti progettano nella ex piazza Rusticucci due edifici, i cosiddetti Propilei. I Propilei sono due avancorpi simmetrici ed identici che richiamano gli accessi alle città dell’antichità e sono caratterizzati da uno stile architettonico connesso alla piazza San Pietro. La loro architettura riprende infatti le linee del colonnato berniniano senza avere la presunzione di completarne l’opera. 
I Propilei sono collocati molto prima dei due colonnati e ricreano uno spazio trapezoidale come quello davanti alla Basilica prima del colonnato-porticato.
Le brevi fronti dei Propilei, verso le due testate del colonnato berniniano, sono curve e pertanto, sul prolungamento dell’asse trasversale delle testate del porticato berniniano, nel centro di questi nuovi prospetti, si aprono due passaggi diretti nei due Borghi laterali di Santo Spirito e di Sant’Angelo.
I Propilei creano gli stessi effetti prospettici del nobile interrompimento (Soluzione D), realizzando una delimitazione tra lo spazio sacro e quello della città, mantenendo tuttavia libera la visione centrale della facciata e della cupola.
La nuova piazza, ex Rusticucci, ampliata e rettificata, assume secondo gli architetti il ruolo di vestibolo della piazza San Pietro ed è nettamente distinta dalla nuova strada di accesso che risulta molto più stretta, regolare e a lati paralleli.
Inoltre, per i due architetti, chi viene da piazza Pia, percorrendo la nuova strada, ha una visione integrale della cupola, ma parziale della facciata maderniana e non percepisce quasi nulla del colonnato berniniano. In realtà i due Propilei ottengono questo scopo solo all’altezza di piazza Pia, dal momento che, già a metà della nuova via, si ha di nuovo la visione totale della facciata maderniana.

Soluzione L  Con Propilei e collegamento con nobile interrompimento

I due architetti uniscono i Propilei con un porticato, un nobile interrompimento, il cui partito architettonico a pilastrate doriche binate è collegato stilisticamente ai corridori berniniani.
L’ingresso centrale del nuovo porticato è destinato al passaggio dei grandi cortei, mentre gli ingressi laterali, due per lato, sono destinati al pubblico e al traffico veicolare.

Scelta della soluzione definitiva

In conclusione, gli architetti scelgono come soluzione definitiva quella dei Propilei senza interrompimento (Soluzione I), rimandando la prova dell’interrompimento direttamente sul posto con un modello a grandezza reale.
Marcello Piacentini ed Attilio Spaccarelli, dopo la scelta definitiva progettuale, sostengono che in tutti i temi architettonici e soprattutto urbanistici vi è sempre un maximum che bisogna ricercare, anche se non è mai comunque possibile raggiungere l’optimum sotto ogni punto di vista. Si rendono conto infatti, che la soppressione della Spina indebolisce il valore ambientale degli edifici storici come palazzo Torlonia e dei Penitenzieri ed inoltre, considerano molto grave il sacrificio della piazza Scossacavalli e dell’antico allineamento di Borgo Nuovo che Bernini aveva preso come riferimento per tracciare il corridore destro (braccio di raccordo del suo colonnato con la Basilica) ed infine, la perdita della visione della piazza-colonnato da più lati. Ma gli scopi che gli architetti si erano prefissi sono stati comunque raggiunti con questa soluzione progettuale che permette di creare un decoroso e monumentale accesso a San Pietro e di vedere finalmente la cupola michelangiolesca in tutta la sua interezza. 
Piacentini e Spaccarelli, ritenendo però eccessiva la larghezza della nuova strada, giustificata comunque dalla presenza sui due fronti di palazzi intangibili, tentano con la sistemazione dei livelli stradali e con elementi di arredo urbano di ridurre, per quanto possibile, la sua sezione visiva.

Sistemazione dei livelli e dell’arredo della strada

La disposizione a conca della Piazza San Pietro non viene toccata e i due architetti la raccordano con via della Conciliazione, realizzando soltanto una leggera slabbratura.
Piacentini e Spaccarelli, tenendo conto del notevole possibile afflusso di persone verso San Pietro, specie in alcune eccezionali circostanze, conferiscono alla strada un senso di concavità, in modo tale che la folla, posta sugli argini, possa godere del passaggio dei cortei e delle processioni, come se fosse in un anfiteatro. La via è divisa in tre zone carrabili, di cui una centrale, più vasta, situata più in basso delle due laterali. Tra le due zone sono disposti due larghi marciapiedi ai quali si accede dalla zona centrale per mezzo di tre gradini. Lungo questi marciapiedi sono collocati i grandi obelischi-candelabri e i sedili di travertino.
Gli obelischi-candelabri, oltre alla funzione di illuminare, hanno il compito di creare un chiaro elemento di continuità, definito da due file di elementi eguali e ritmici che riducono la sezione visiva stradale. In realtà, non a caso e curiosamente, l’allineamento in pianta delle due serie degli obelischi-candelabri riproduce quasi esattamente il disegno dell’antica Spina. 

Cronaca delle demolizioni 

La decisione della demolizione della Spina  viene presa nel 1935 e nel 1936 hanno inizio i lavori. Il 29 ottobre il Capo del Governo, Benito Mussolini, dà personalmente il via alle demolizioni.
Il 1 aprile del 1937, in una lettera diretta al Capo del Governo, Marcello Piacentini ed Attilio Spaccarelli annunciano di aver operato un aggiornamento del progetto basato sulla massima conservazione degli edifici esistenti.
Il 6 ottobre del 1937 la Direzione dei lavori assicura la Segreteria del Capo del Governo che alle ore 10 del giorno seguente tutta la strada della Conciliazione sarà ‘sgombra’. Pertanto i lavori vengono condotti con molta velocità: in un tempo brevissimo vengono abbattuti 729 alloggi, 1236 famiglie vengono sfrattate ed il tessuto edilizio distrutto corrisponde a circa 142 proprietà registrate per un censimento di circa 6000 vani catastali.
Il 2 agosto del 1937 il Capo del Governo decide con disposizione autografa la denominazione da dare alla nuova arteria dei Borghi: via della Conciliazione.
Il giorno 11 maggio del 1938 Benito Mussolini con i tecnici del Governatorato e i progettisti esamina sul posto le prove di accesso a San Pietro. Il punto di separazione della città dallo spazio sacro viene scelto presso la ex piazza Rusticucci, ma si decide per la soluzione dei Propilei non collegati. A seguito di questa decisione, la prova dell’interrompimento non ha più luogo, in quanto si reputa che tale elemento era stato pensato più per il progetto con la strada a lati divergenti ed irregolari.
Il nobile interrompimento, progettato al vero e montato su carrelli mobili, viene così disfatto senza fare alcuna verifica. Dopo l’interruzione per motivi bellici, nel 1948 i lavori di via della Conciliazione riprendono e si chiudono velocemente.
Con i Propilei la nuova piazza di fronte San Pietro assume una sistemazione planivolumetrica assolutamente simmetrica.

Nuova veste architettonica della ‘ex piazza Rusticucci’ oggi piazza Pio XII 

Rispetto ai fabbricati, originali rimaneggiati e nuovi, resi troppo distanti dalla scomparsa della Spina, i Propilei della nuova piazza risultano più efficaci nell’intento di contenimento dell’imbocco sulla nuova via e più convincenti dal punto di vista stilistico ed architettonico. Esistono infatti delle correlazioni geometriche tra piazza San Pietro e la nuova piazza Pio XII. Queste correlazioni geometriche sono state oggetto di un approfondito studio da parte dell’architetto Gianluigi Lerza che è anche autore dei seguenti grafici. La sua analisi giunge a tali considerazioni: piazza Pio XII, ad esempio, ha una forma trapezoidale simile a quella del sagrato berniniano. Inoltre, congiungendo gli spigoli interni delle testate dei bracci del colonnato con quelli dei Propilei adiacenti alla piazza, si ottengono due allineamenti che convergono in un punto corrispondente all’intersezione dell’asse facciata-obelisco con il filo degli edifici che segnano l’inizio di via della Conciliazione.
Superati i Propilei, la profondità della nuova piazza è calcolata in base alla massima possibilità di veduta delle file esterne degli emicicli, mentre i prolungamenti dei lati obliqui dei due Propilei raggiungono le fontane di piazza San Pietro. Pertanto il Lerza conclude che tutte queste relazioni siano state abilmente calcolate da Marcello Piacentini ed Attilio Spaccarelli.
Per la definizione della veste architettonica dei Propilei i due architetti elaborano una serie di soluzioni che tendono a raggiungere nel progetto definitivo una veste architettonica priva di eccessivi elementi decorativi e con forme geometriche essenziali.
Piacentini e Spaccarelli scelgono una partitura ad ordine gigante: le paraste alquanto sporgenti risultano adeguate alla scala di grandezza del colonnato di piazza San Pietro. È comunque una monumentalità sintetica, poiché non sono particolarmente evidenziati né il livello basamentale, né quello della trabeazione, interrotta quest’ultima, dalle paraste che continuano fino al parapetto-balaustra, elemento che richiama a sua volta quello del colonnato berniniano.
La tradizione del passato in questo caso è rivista con efficacia.

Progetto di riqualificazione dell’area 

I due architetti convogliano il traffico verso San Pietro il più possibile nelle strade ai lati, in modo che via della Conciliazione non venga appesantita dal traffico veicolare. Organizzano inoltre, su via della Conciliazione l’imbocco del prolungamento di Corso Vittorio dopo il ponte, senza però eccessivamente enfatizzare tale accesso, in quanto il vero inizio di via della Conciliazione è a piazza Pia (inizialmente i due architetti avevano pensato di creare una sorta di piazza ottagonale decorata con fontane presso questo imbocco, soluzione che però subito abbandonano).

La nuova veste architettonica di piazza Pia

I due architetti cercano di valorizzare il più possibile piazza Pia ricostruendo i due edifici di testata, le cui facciate, a differenza di quelle preesistenti, piuttosto piatte, realizzate da Luigi Poletti, sono caratterizzate da due coppie di colonne doriche a tutto tondo. Così, Piacentini e Spaccarelli creano un dialogo a distanza tra la facciata maderniana della Basilica di San Pietro e i due palazzi di piazza Pia che ne diventano un’anticipazione.

Restauri e ricostruzioni

Collaborano insieme a Marcello Piacentini ed Attilio Spaccarelli nel restauro di palazzo Cesi e nel progetto di ricostruzione del palazzo Convertendi, situato prima in piazza Scossacavalli, l’architetto Giuseppe Momo che viene incaricato direttamente dalla Sacra Congregazione e l’ingegnere Leone Castelli.
L’architetto Clemente Busiri Vici riedifica, per incarico del Collegio di Propaganda Fide, il palazzo Rusticucci e il palazzetto di Giacomo Bartolomeo da Brescia, cercando di ricreare per quest’ultimo condizioni prospettiche analoghe a quelle per le quali era stato costruito.

Critica al metodo di restauro eseguito per i palazzi di via della Conciliazione 

Il metodo di restauro eseguito per i palazzi di via della Conciliazione ha subito molto critiche. Infatti, nelle ricostruzioni e negli adattamenti con smontaggio e libero rimontaggio delle parti si è creata una strana ibridazione tra stilemi novecentisti e riproposizioni rinascimentali che ha finito per generare edifici che hanno cercato di ricomporre un’unità architettonica ambientale purtroppo ormai distrutta. Del resto, lo stesso Domenico Gnoli sul finire dell’Ottocento aveva espresso la necessità di salvaguardare questa parte di città storica nella sua interezza, piuttosto che nei singoli pezzi di architettura.

Critica alla prassi compositiva della realizzazione di via della Conciliazione

L’intervento progettuale di Marcello Piacentini e di Attilio Spaccarelli nell’area dei Borghi è stato molto contestato poiché i due architetti, partendo da una ipotesi di ristrutturazione simmetrica con geometrie regolarizzate, hanno subordinato, secondo lo studioso Valter Vannelli, la conoscenza critica della storia della città a dati di fatto di matrice ideologica e politica.
Dopo lo sventramento, gli edifici sono rimasti solo come connettivo di un sistema spaziale e figurativo reso ormai accidentale ed improprio a causa di un metodo di intervento simile a quelli adottati nelle ristrutturazioni di fine Ottocento. È venuta così a costituirsi un esempio di architettura delle istituzioni, svincolata completamente dai contributi del nuovo movimento moderno, che si potrebbe identificare invece, con i caratteri più monumentali dell’architettura della tradizione classica con la quale ha voluto competere in grandezza ed enfasi delle immagini.
Assialità e visioni centrali prospettiche hanno assunto pertanto, un ruolo emblematico per affermare l’intesa raggiunta con il Concordato fra le due sovranità rappresentate dallo stato italiano e da quello del Vaticano. L’apertura di via della Conciliazione e la sistemazione dell’area dei Borghi, operazioni comunque volute ancor più dal Vaticano che dal regime fascista per operare un nuovo radicamento fisico nella città di Roma, hanno risposto alla necessità di autorappresentazione del papato. Quindi, sempre secondo l’opinione dell’architetto Valter Vannelli, che ha dedicato molti studi su questo argomento, il ‘collegato ma distinto’ dall’ambiente sacro alla città, che Marcello Piacentini ed Attilio Spaccarelli hanno tentato di realizzare, prima con il nobile interrompimento, poi con i Propilei, era in realtà già nella continuità strutturale e spaziale della Spina, per cui il loro progetto è stato una moderna reinvenzione del passato in cui è stato possibile mettere in scena l’immagine di una realtà esclusivamente ideologica.

Progetto Benevolo: Un Programma per il futuro (1970)

Leonardo Benevolo, famoso architetto e storico dell’architettura, è l’autore di uno dei più critici giudizi sull’opera compiuta da Marcello Piacentini e da Attilio Spaccarelli. Secondo il Benevolo infatti, il complesso architettonico dei Borghi, che si era formato attraverso molti secoli di storia, è stato distrutto in un sol colpo, lasciando sussistere solo alcuni palazzi come monumenti isolati e, ancor di più, con l’eliminazione del particolare rapporto del colonnato berniniano con il tessuto delle case comuni, la piazza San Pietro è stata trasformata in un semplice slargo della strada assiale di via della Conciliazione. I palazzi sono considerati dall’autorevole architetto il peggiore prodotto dell’architettura accademica e gli arredi urbani addirittura grottesche sistemazioni accessorie.
Secondo il progetto-studio di Leonardo Benevolo, per conservare l’organismo antico come elemento della città moderna, il tessuto edilizio, realizzato negli ultimi cento anni intorno al centro storico, dal 1870 in poi, sovrapposto e contrapposto a quello della città antica, deve essere sostituito, sia pure gradualmente, con uno nuovo. Occorre infatti disimpegnare l’organismo antico dal sistema urbano compatto e recente e collegarlo ad un sistema futuro, aperto nel territorio. Per far ciò è necessario eliminare alcune nuove costruzioni (edifici e strade) al fine di recuperare spazi vuoti al loro posto e far si che le sostituzioni siano coerenti ed effettuate secondo la logica della città moderna.
Leonardo Benevolo per la risistemazione dell’area intorno a San Pietro, compromessa dall’intervento di Marcello Piacentini e di Attilio Spaccarelli, propone una soluzione illustrata in tre tavole.

Prima tavola

Nella prima tavola sono indicati a tratteggio verticale gli edifici antichi da conservare, in nero, gli edifici moderni da demolire, a puntini, le zone verdi esistenti da conservare e a puntini più fitti, le strade da abolire e da trasformare in zone verdi.

Seconda tavola

Nella seconda tavola sono indicati la nuova rete viaria principale e i parcheggi. A doppio tratto, sono segnate le nuove strade attrezzate, a semplice tratto, le strade non attrezzate, i dischetti neri invece, indicano i punti di scambio fra la rete stradale nuova e l’antica ed infine, i dischetti vuoti indicano i principali punti di arrivo pedonali. 

Terza tavola

Nella terza tavola l’architetto espone la sua proposta progettuale. Poiché lo Stato della Città del Vaticano, comprendente San Pietro, i Palazzi Apostolici e i giardini annessi, è circondato da un quartiere moderno che arriva fino a ridosso delle sue mura, propone di ricostituire l’unità dell’antica cittadella, collegando la Santa Sede al centro di Roma, attraverso la zona di via della Conciliazione. Quest’ultima, liberata dai palazzi attuali e trasformata in un parco attrezzato, ripresenta, mediante il ripristino di opportuni dislivelli, gli antichi spazi di piazza Rusticucci e di piazza Scossacavalli e le due strade laterali di accesso assolutamente necessarie nella riorganizzazione spaziale di piazza San Pietro.
La zona dei Borghi, da restaurare e da destinare alle residenze e ai servizi ausiliari, viene così isolata dal quartiere attiguo di Prati, attraverso il recupero della striscia verde corrispondente alle mura lungo via dei Porcari.
Secondo il Benevolo, un terminal automobilistico all’imbocco di ponte Vittorio potrebbe funzionare da cerniera fra la zona vaticana e il resto della città. Da qui dovrebbero inoltre partire i raccordi per i due terminals interni, quello nell’area dei musei e quello situato al posto degli isolati moderni fra via di Porta Angelica e via del Mascherino.

Progetto Giubileo: le realizzazioni a cura della Soprintendenza (2000) 

In occasione del Giubileo straordinario di fine millennio sono stati realizzati a cura della Soprintendenza numerosi interventi nell’area intorno alla Basilica di San Pietro, centro dell’evento religioso e snodo cruciale dei flussi di mobilità della città.
È stato definito pertanto, un piano straordinario per consentire la massima fruibilità dell’area e nello stesso tempo la sua decongestione dal traffico veicolare.
Tra le tante realizzazioni del piano sono da segnalare, il sottopasso del Lungotevere in Sassia, il terminal del Gianicolo, il raddoppio della Galleria Principe Amedeo, il giardino di Lungotevere Castello, la sistemazione del Parco di Adriano, il restauro del Passetto di Borgo ed alcune ripavimentazioni di piazze e strade. Inoltre è strettamente connessa a tale piano anche la realizzazione del complesso polifunzionale con parcheggio sotterraneo localizzato sul Monte Santo Spirito (1997-1999).
Il piano straordinario ha fatto in modo che i flussi maggiori pedonali di ingresso all’area vaticana fossero concentrati in tre nodi urbani: piazza Pia, piazza del Santo Uffizio e piazza Risorgimento che con il nuovo percorso pedonale di via di Porta Angelica richiama così l’accesso dei pellegrini da nord dell’antico tracciato della via Francigena.

Conclusioni 

È molto difficile giudicare e ricostruire i fatti che hanno portato ad un mutamento così radicale di una zona ricca di memorie storiche come quella dell’area vaticana.
Tale complesso, nato nel Medioevo come fortezza extraurbana intorno alla Basilica di San Pietro, si è trasformato nel Rinascimento in una serie di strutture architettoniche dominanti, sede del potere pontificio.
La distruzione totale del tessuto edilizio dei Borghi e delle sue emergenze architettoniche ha rotto, secondo l’opinione del famoso architetto ed urbanista Gianfranco Spagnesi, il particolare rapporto secolare tra la Basilica e il resto della città che, con la realizzazione di via della Conciliazione, non risulta più né rivolta, né contrapposta alla Basilica. Questa strada infatti, rappresenta l’asse strutturante di uno spazio poco flessibile e quindi, troppo bloccato rispetto al contesto urbanistico della città di Roma che tende a suggerire sempre immagini aperte ed articolate.
Comunque via della Conciliazione, grazie alla particolare configurazione ed alla sua singolare ampiezza, si è rivelata fin ad oggi particolarmente funzionale per accogliere le grandi masse di fedeli durante gli eventi religiosi più significativi.
Gli architetti Piacentini e Spaccarelli sono riusciti inoltre, a ridare un ruolo simbolico aperto e territoriale alla cupola michelangiolesca, segno ecumenico della Cristianità compromesso dall’impianto tipologico del Maderno. La cupola michelangiolesca è tornata ad essere pertanto l’elemento che unisce nella terza dimensione tutto il complesso formato dall’insieme della Basilica e dei Palazzi Vaticani.

Michelangelo e la sua cupola

Michelangelo ha sempre dimostrato nei suoi interventi architettonici ed urbanistici una grande genialità, come ad esempio per la piazza del Campidoglio, per la quale ha adottato una particolare forma a trapezio. In questo modo, la piazza capitolina si presenta con una prospettiva rovesciata tale per cui, grazie al suo slargarsi verso il fondo, permette contemporaneamente due vedute panoramiche verso l’antica città dei Fori, facendo pure si che il palazzo Senatorio risulti visivamente più vicino (idea ripresa peraltro anche dal Bernini nel disegnare il sagrato di collegamento tra la Basilica di San Pietro e il colonnato-porticato).
Michelangelo inoltre, all’interno della piazza trapezoidale del Campidoglio inserisce un’area centrale ovale il cui disegno stellare rappresenta una novità assoluta nel Rinascimento, in quanto l’ovale in precedenza era considerato solo una deformazione del cerchio, simbolo invece, di perfezione. Nella piazza del Campidoglio l’adozione di questa forma ovale da parte di Michelangelo risolve il problema spaziale della creazione di un centro, senza però che quest’ultimo si contrapponga all’asse principale longitudinale della composizione che continua nella scenografica cordonata di collegamento della piazza stessa con il resto della città (anche la forma ovale viene adottata dal Bernini nella sua piazza-porticato).
Pertanto, vista la sua genialità, come avrebbe Michelangelo concepito l’accesso a San Pietro e cercato di restituire la completa visibilità alla sua cupola? 
Questa domanda è sicuramente molto intrigante dal momento che il grande maestro ha adottato in alcuni casi il culto dell’assialità, come è avvenuto per la piazza del Campidoglio e per il progetto mai realizzato di collegamento tra palazzo Farnese e l’area oltre il Tevere ed in altri, ha invece rispettato le architetture del passato, come è avvenuto nel suo ultimo intervento, poco prima di morire, per Santa Maria degli Angeli. In quest’opera Michelangelo aveva creato infatti, un’inedita tipologia di chiesa con tre accessi che si collegavano con le nuove direzioni di espansione della città e, nello stesso tempo, era riuscito a preservare il più possibile la grande spazialità dell’aula delle antiche Terme romane di Diocleziano. Erano infatti, la serenità e l’equilibrio dell’architettura classica a dominare l’atmosfera della sua chiesa e l’architetto in questo caso era stato grande, proprio perché si era astenuto il più possibile nel suo intervento architettonico per rispettare l’architettura del passato.
Infatti, come ha sostenuto un famoso architetto moderno Charles-Edouard Jeanneret Le Corbusier, le grandi opere di architettura, per essere tali, devono essere condizionate dallo spirito dell’epoca che dipende a sua volta, dalla profondità della storia, dalla nozione del presente e dal discernimento dell’avvenire.





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